Francesco Aroni Vigone (alto & soprano sax),
Claudio Lodati (guitar),
Irene Robbins (piano, vocals),
Enrico Fazio (double bass),
Fiorenzo Sordini (drums, percussion).
1) Tumbu
2) Reunion
3) Tip Tap
4) Shorebird
5) Esquinas
6) Gyes
7) Ocean blues
Recorded and mixed at (52+1) Studio, Agliano (Asti), in July 2012, by Pippi “Adogontour” Leardi (tracks 1–6) and by Fosca Massucco (track 7). Mastering by Maurizio Giannotti
Raro esempio sia di longevità artistica che di parsimonia produttiva, l’Art Studio aveva festeggiato nel 2007, con «Trenta_Live in Torino», suo ottavo album ufficiale, i 30 anni di attività discografica. Ma il gruppo s’era addirittura formato tre anni prima, nel 1974, sulla scia dei nuovi fermenti creativi presenti soprattutto sulla scena jazzistica romana e milanese. Sei anni dopo, l’Art Studio si conferma voce più che mai viva e personale del jazz italiano, avvicinandosi quindi nel migliore dei modi, con questo «Rendez vous», lavoro attuale e fresco, al quarantennale. Se si esclude la raccolta «The complete CMC Sessions», con cui Splasc(h) aveva riedito quattro titoli ormai introvabili, pubblicati fra il 1978 ed il 1986 da CMC, questo è il nono lavoro del gruppo, che si ripresenta con molte conferme ma anche con qualche novità. E’ sempre lo stesso, quello delle origini, il trio composto dal chitarrista Claudio Lodati, dal contrabbassista Enrico Fazio e dal batterista Fiorenzo Sordini. E’ nuovo invece l’inserimento del sassofonista Francesco Aroni Vigone – anche lui piemontese, musicista di formazione classica, già componente stabile dei gruppi di Fazio e del trombonista americano Marty Cook – che prende il posto di uno dei quattro storici fondatori, l’eclettico e vulcanico Carlo Actis Dato. C’è poi l’inserimento di Irene Robbins, che diventa il quinto elemento della formazione. Più che di novità, bisognerebbe però parlare in questo caso di ritorno, poiché la pianista e cantante di Detroit aveva già partecipato, dal 1981 al 1986, a tre importanti lavori del gruppo. La Robbins si ritaglia un ruolo per nulla marginale in questa nuova produzione, non solo suonando in ogni traccia, ma firmando anche due delle sette composizioni presenti. Si arricchisce così la tavolozza dei colori di un progetto che proprio nell’incontro di anime diverse ma complementari – l’etereo free della Robbins, le ipnotiche figurazioni neo–bop di Aroni Vigone e Fazio, il rock sperimentale, quasi crimsoniano, di Lodati – sembra ritrovare un’originale e definita cifra stilistica, non distante da quella che ne aveva decretato il successo di critica negli anni ’80.
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