Wabi Sabi – on JAZZ CONVENTION by Gianni Montano


Enrico Fazio: contrabbasso, electronics
Alberto Mandarini: tromba, flicorno
Gianpiero Malfatto: trombone, euphonium, flauto
Adalberto Ferrari: clarinetti
Francesco Aroni Vigone: sax soprano, sax alto
Gianni Virone: sax tenore, sax baritono, flauto
Luca Campioni: violino
Anais Drago: violino, violino elettrico a 5 corde
Fiorenzo Sordini: batteria, percussioni
Valeria Sturba: theremin in
Moustapha Dembèlè: kora, djembe, tamani
Simone Ghio: tastiere, electronics

Wabi Sabi è l’ultimo disco di Enrico Fazio, registrato con la Critical Mass, a sei anni di distanza da Shibui, pubblicato anche questo dalla londinese Leo records. L’organico è sostanzialmente confermato con alcune new entry, tanto da ampliare la formazione fino a 12 elementi, non tutti presenti insieme, però, nelle sei lunghe tracce. Il bandleader piemontese opera, secondo il suo stile, su una musica sfaccettata, dove si avvertono le influenze di maestri del jazz come Mingus o Gil Evans, filtrate da un tipo di scrittura che utilizza procedimenti della classica contemporanea del novecento, seriale o dodecafonica. In ogni brano, solitamente, i temi sgorgano da unisoni dei fiati, che poi lasciano il campo a uno o più strumenti impegnati a distendere gli input ricevuti non in chiave solistica semplicemente, ma per dilatare il discorso in maniera che il fil rouge compositivo non si perda mai di vista. Così il nonetto+ ospiti diventa alternativamente una vera big band, con il lavoro di sezione svolto anche da uno o due strumenti, oppure si restringe in un gruppo di piccole dimensioni, un trio o un duo, per ricompattarsi a fisarmonica, a seconda delle necessità espressive. A Fazio, infatti, interessa soprattutto far interagire le voci singole e il collettivo in un gioco di incastri sempre aperto al fattore sorpresa, con finestre che si schiudono a melodie larghe o di vago sapore etnico e parentesi solistiche impastate in un jazz moderno, ma “anticato” dove, cioè, non mancano le licenze timbriche in odore di avanguardia e allo stesso modo si impongono sequenze polifoniche che ricordano il dixieland, almeno nell’approccio esplicativo. Va da sé che il suono complessivo dell’ensemble sia un punto di forza dell’intero progetto, tanto è netto, nitido e permeato da umori in apparente opposizione, in alcuni anfratti, armonizzato dalla sapienza architettonica del demiurgo che dirige le operazioni.
Fra i musicisti della Critical Mass, tutti molto compresi nella parte, occorre almeno citare il duo dei violini, Luca Campioni e Anaìs Drago, capaci di spaccare i motivi in cui entrano da protagonisti con interventi taglienti e indicativi. Fa lievitare il peso dei pezzi in cui inserisce i suoi ottoni, inoltre, Alberto Mandarini, un trombettista che sparge cultura jazzistica e musicale a vagonate nelle pieghe di ogni suo intervento. È particolarmente efficace e inquietante, ancora, la presenza del theremin di Valeria Sturba in Overhoof day, il brano migliore fra i sei, una sorta di tango proiettato nello spazio profondo, con un clima, cioè, da colonna sonora da film di fantascienza premonitore di sciagure planetarie future.
Il titolo dell’album si riallaccia ad una pratica zen che contempla l’errore come elemento connaturato alla vita degli uomini. In realtà Fazio riesce a coordinare al meglio il manipolo di strumentisti al suo fianco e a tirare fuori da ognuno un contributo ispirato e complice per la realizzazione di un disco intriso di buone intenzioni, portate a termine felicemente. Nel cd non si ascolta, però, una musica perfettina, levigata a fondo, ma qualcosa di ribollente di idee e di energia, mobile ed elastico, dove l’errore fa parte della pratica comune. L’obiettivo, dichiarato o sottinteso, è, in sintesi, quello di stare lontani il più possibile da una proposta cristallizzata in una perfezione formale fredda e sterile. Si punta più in alto, cioè, con i mezzi giusti a disposizione, seguendo l’esempio di campioni dello sbaglio innalzato a valore, Lacy e Monk, verso una musica luminosa, di ricerca e di sostanza.
— by Gianni Montano on JAZZ CONVENTION

Wabi Sabi – on MUSICA JAZZ by Sandro Cerini

— by Sandro Cerini on MUSICA JAZZ (november 2019)

Wabi Sabi – on ITALIAINJAZZ by Stefano Dentice

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Un’inebriante miscellanea di colori diversi e suoni ammalianti, congiuntamente a creativi intrecci armonici e ritmici, talvolta cerebrali, ma molto interessanti. Wabì Sabì è la nuova fatica discografica firmata Enrico Fazio Critical Mass, foltissima formazione costituita da Luca Campioni (violino), Anais Drago (violino e mandolino), Alberto Mandarini (tromba e flicorno), Gianpiero Malfatto (flauto, trombone, flicorno baritono e tuba), Adalberto Ferrari (clarinetto, clarinetto basso e clarinetto contrabbasso), Francesco Aroni Vigone (sax soprano e sax alto), Gianni Virone (flauto, sax tenore e sax baritono), Simone Ghio (chitarra e tastiere), Enrico Fazio (contrabbasso ed elettronica) e Fiorenzo Sordini (batteria e percussioni), ai quali, da ospiti, si aggiungono Valeria Sturba (theremin) e Moustapha Dembèlè (kora e percussioni). All’interno del CD figurano sei brani originali scaturiti dalla lavica meninge di Fazio. Il climax esotico di West To East (A Waltzy Raga) rapisce l’attenzione fin dalla prima misura. L’eloquio al flauto di Virone è guizzante, serpeggiante. Malfatto (al trombone) dà vita a un discorso improvvisativo suadente, che pian piano si snoda attraverso divagazioni di chiara matrice free. In Sliding Times il mood è estremamente criptico, carico di suspense. Qui le ance, e più in generale tutti i fiati, tessono un manto sonoro ipnotico mirato a creare tensione, cesellato con un’elogiabile cura della dinamica. Mandarini, alla tromba, snocciola un’elocuzione assai intensa dal punto di vista comunicativo, adornata da sprint cromatici e fascinose incursioni nel registro acuto, sostenuta dal comping tribale e incalzante architettato da Dembèlè. Lectio Magistralis si apre con un solo magnetico e pervasivo di Ferrari, costruito con gusto e lodevole gestione del suono. Alberto Mandarini, sempre alla tromba, si esprime attraverso un incedere ficcante, pungente, a tratti volutamente sghembo. Album in cui confluiscono tre stilemi come contemporary jazz, free e avant-garde jazz, Wabì Sabì rappresenta il classico (ed inclito) esempio di un progetto discografico concepito con l’ammirevole intento di non guadagnarsi a tutti i costi il plauso dell’ascoltatore, bensì di manifestare il proprio fervore creativo nel segno di una tangibile veracità comunicativa e di una massima libertà d’espressione artistica.

— Stefano Dentice on ItaliainJazz

Wabi Sabi – on ALL ABOUT JAZZ by Alberto Bazzurro [october 2019]

Enrico Fazio, cuoco o alchimista?

Nuovo capitolo del gruppo (adeguatamente rinforzato) che Enrico Fazio riunisce periodicamente (in questo caso nel novembre 2017, come data d’incisione) sotto il nome di Critical Mass e nuovo senso di ammirazione (del resto antico ormai di trent’anni e più, da quando il bassista piemontese iniziò a incidere musica propria con gruppi diversi dall’Art Studio, che fino a quel momento ne aveva assorbito le energie creative) per la ricchezza che questa musica sa esprimere sotto ogni profilo: compositivo, aggregativo, solistico…

Il nuovo lavoro s’intitola Wabi Sabi e come il precedente Shibui (2013) è uscito per la londinese Leo Records. Vi agisce un nonetto stabile con rinforzi più o meno episodici fino a coinvolgere dodici elementi complessivi. Ciò che colpisce immediatamente è la convivenza, veramente esemplare, che questa musica sa sfoggiare fra una pienezza di tratto costante e, nel contempo, un’estrema nitidezza, senza momenti convulsi o sovrabbondanti. Un’alchimia—se così possiamo definirla—che il diretto interessato ci illustra in questi termini: “Questo è un punto nodale dell’entità Critical Mass. Alla base c’è una ricerca piuttosto capillare su tutta una serie di equilibri, per esempio, appunto, nel rapporto tra massa di suono e chiarezza, cercando contemporaneamente la saturazione del suono stesso e la sua comprensibilità. Se parliamo quindi di pienezza, va detto che ho sempre cercato, anche in gruppi più ridotti, di creare un suono di tipo orchestrale, senza utilizzare uno strumento armonico di supporto. Per ottenere questo, molto spesso faccio lavorare tutti gli strumenti con linee armonizzate ma indipendenti, in modo da ottenere sonorità complesse. Anche l’ampio range strumentale contribuisce a rendere il suono più corposo, e i diversi colori timbrici danno l’impressione di un insieme più numeroso di quanto in effetti sia. Posso fare questo grazie alle qualità dei singoli musicisti, che spesso si sobbarcano linee individuali altrimenti adatte a un’intera sezione.”

“Circa l’altro elemento, la nitidezza, faccio molta attenzione al range di ogni strumento e soprattutto all’impasto timbrico, cercando l’amalgama migliore o la contrapposizione tra gruppi strumentali a seconda dell’effetto che cerco, che a volte provo a ricostruire da una suggestione. All’inizio del solo di tenore che si ascolta nel brano che apre il disco, “E=mc2,” volevo per esempio un suono che ricordasse una sega elettrica, effetto che ho ottenuto utilizzando dei cluster molto densi con i violini suonati in crescendo. Probabilmente il controllo dell’insieme è anche legato al mio impegno in conservatorio, dove insegno composizione jazz da vent’anni: i lavori dei ragazzi mi spingono a valutare tutti i parametri per la riuscita di un brano, cercando di far emergere all’ascolto l’effetto più che lo sforzo della scrittura, e questo inevitabilmente si riflette nel mio lavoro compositivo.”

Un’altra convivenza che colpisce per il suo alto grado di elaborazione in ogni brano del disco è quello, annoso in quanto pressoché indispensabile proprio in gruppi e in progetti di questo tipo, fra scrittura e improvvisazione. Ecco cosa ci dice Fazio in proposito: “All’inizio del mio percorso cercavo di adattare la scrittura alle strutture standard, senza ottenere quello che avevo in mente, per cui ho cominciato a pensare ai brani come organismi viventi, quasi autonomi, che crescono secondo una propria logica interna fatta di equilibri e coerenza. Credo di avere una buona capacità di visione d’insieme: come dico spesso, se non avessi fatto musica probabilmente sarei stato un buon architetto, o un buon cuoco. All’interno di questo organismo in crescita inserisco le parti improvvisate, che cerco di far emergere naturalmente dal tessuto compositivo: fornisco dei riferimenti precisi per lo sviluppo dei soli e per far capire l’atmosfera che ho in mente, ma poi lascio libertà assoluta di interpretazione ai musicisti, che possono giustamente ribaltare ogni mia aspettativa. Le strutture fanno riferimento non tanto o non solo a modelli armonici tradizionali o modali, ma a molte delle forme compositive che si sono sviluppate nel secolo scorso, in particolare a tecniche seriali, simmetriche o matematiche, che chiedono ai solisti un approccio non convenzionale.”

Una curiosità che nasce a questo punto spontanea—e che del resto riguarda tutti coloro che riuniscono organici di una certa corposità al servizio di un’idea anche compositiva forte—è sapere quanto i musicisti vengano scelti in risposta alla volontà di ottenere un dato impasto timbrico e quanto invece per le peculiarità individuali, musicali nonché umane. “Ci sono le due cose insieme,” chiarisce subito Fazio. “Da un lato cerco di ottenere un certo impasto, per esempio attraverso l’uso del violino, che sperimento da anni. Nel contempo cerco musicisti che oltre alle qualità tecniche abbiano personalità e soprattutto siano duttili, curiosi, stimolati dall’idea di uscire dalle strade più battute. Inizialmente per necessità, poi per scelta, ho cominciato a registrare con Critical Mass senza prove collettive preliminari: questo aumenta le probabilità di esiti inattesi, con qualche rischio in più, compensato dall’immediatezza dell’estemporaneità. Tutto ciò è possibile grazie allo studio di registrazione che ho in casa e soprattutto grazie a mia moglie Fosca, che è un fisico acustico e il mio sound engineer prediletto.”

Notevole, in effetti, l’apporto dei singoli, da vecchie conoscenze come Fiorenzo Sordini, sodale di Fazio fin dai tempi del citato Art Studio (nato nel ’74), Alberto Mandarini e Francesco Aroni Vigone, a giovani di notevoli prospettive come—per fare un nome solo—la ventiquattrenne (all’epoca dell’incisione) Anais Drago. “Come la musica—spiega Fazio—anche il gruppo è cresciuto come una cellula vivente fin dalla prima formazione, che risale alla metà degli anni Ottanta. Allora erano già presenti i tre che citi tu, poi si è aggiunto Gianpiero Malfatto e man mano tutti gli altri. La decennale frequentazione del nucleo-base ha creato uno zoccolo duro che ha permesso le scelte di cui dicevo. Io, nato al nord, sono di origini siciliane, e forse di qui ho preso la fascinazione per i colori: i musicisti che cerco sono spesso anche multistrumentisti, il che mi permette di aumentare notevolmente la tavolozza timbrica del gruppo. Per esempio, tra gli ultimi entrati, Gianni Virone suona vari sax e flauto, Luca Campioni violino, marimbe, xilofoni e percussioni, Adalberto Ferrari tutti i clarinetti, i sassofoni, e ultimamente l’ho visto maneggiare un fagotto, Anais Drago, violino, violino a cinque corde, mandolino ed elettronica: è la più giovane, è stata mia allieva di composizione ed è un grande talento di cui sentiremo parlare.”

E quando compone, ultima curiosità, Enrico Fazio fino a che punto ha in mente esattamente i musicisti con cui suonerà la sua musica, i solisti a cui affidare le parti improvvisate in quel dato brano e tutto ciò che ci gravita attorno? “Ho sempre ben in mente per chi scrivo e soprattutto a chi riservo i soli, cercando di immaginare come potrebbe reagire ogni singolo musicista in una certa situazione, in funzione del risultato finale. Fin dai tempi del Centro di Musica Creativa e dell’Art Studio, siamo stati un gruppo di musicisti piuttosto progettuali, anche muovendoci in territori vicini al free, il che ci ha portati a prediligere la continuità di lavoro e l’approfondimento delle relazioni musicali piuttosto che la pratica della jam session. Anche chi si è aggiunto al progetto di quest’ultimo lavoro di Critical Mass pur con una presenza limitata è stato scelto in base a precise caratteristiche. Valeria Sturba, che ha già partecipato a un altro mio lavoro ancora inedito, interviene col theremin con un effetto quasi di voce fuori campo: la voce del nostro pianeta che ci ammonisce. Moustapha Dembélé discende da una famiglia di griot maliani, suona kora, balafon e percussioni che si autocostruisce: a lui ho chiesto non di tenere il tempo, ma di improvvisare come solista aggiunto. Simone Ghio, infine, altro talentuoso mio ex allievo, suona chitarra, basso, tastiere, sax, tromba: l’ho utilizzato un po’ come il prezzemolo, per dare alcuni tocchi di colore finali.”

Un cocktail riuscitissimo, alla fine, capace di dar vita a uno dei più bei dischi usciti nel corso del 2019 nell’ambito del jazz di casa nostra. E magari non solo.

by Alberto Bazzurro per ALL ABOUT JAZZ

Wabi Sabi – on TRACCE DI JAZZ by Roberto dell’Ava [october 2019]

Wabi Sabi: la bellezza nell’imperfezione

Marilyn

Il wabi-sabi, nella cultura giapponese, insegna ad esercitare il distacco dall’idea di perfezione assoluta, per riscoprire la bellezza di una creazione intuitiva e spontanea, forse incompleta ma sicuramente ricca di originalità.

In uno scambio di messaggi con Enrico Fazio gli raccontavo la mia prima impressione all’ascolto di questo suo nuovo album adoperando il sostantivo “goduria” per indicare la mia reazione istintiva ed emotiva all’ascolto dei sei brani che compongono il compact. Solo un paio di giorni dopo Ettore Garzia nel suo bellissimo sito, Percorsi Musicali, usava lo stesso termine nella sua recensione.

Ed in effetti di goduria si tratta, puro piacere per le orecchie del jazzofilo troppo spesso maltrattate da album poco pregnanti seppur di (presunta) nobile paternità. Come dice giustamente Alberto Bazzurro nella sua recensione di Wabi Sabi su Allaboutjazz, siamo di fronte ad uno dei migliori album dell’anno e non solo in ambito italiano.

Prevedibilmente però nei referendum di fine anno non ci sarà grande spazio per Fazio ed i suoi patners, ma questo lo dobbiamo ad una serie di fattori che spesso poco hanno a che fare con la musica e che vanno dalla qualità del marketing fino alla scarsa propensione dei critici ad avventurarsi sui terreni meno prevedibili e battuti.

Poco importa, chiunque voglia dedicare un pizzico di attenzione alla proposta musicale di Enrico Fazio non può che restarne conquistato. Una media formazione, dai 9 ai 12 musicisti a seconda dei brani, che suona come una grande  orchestra lungo sentieri aperti e indicati dal contrabbasso del leader ma con ampi spazi dove i diversi solisti si esprimono in assoluta libertà.

Un lavoro di composizione fatto di cesellature, abili contrasti tra corde e fiati, utilizzo di strumenti meno usuali in una formazione jazz come il theremin e la kora, stratificazioni e frammentazioni melodiche e ritmiche sulle quali si innestano superbi assoli. Impossibile non menzionare Alberto Mandarini (al flicorno in E=mc2 e alla tromba in Sliding Times), la giovane e promettente violinista Anais Drago e l’ispirato clarinetto basso di Adalberto Ferrari (Lilo Variations) o l’ ottimo Francesco Aroni Vigone all’alto sax con Valeria Sturba al theremin (Overshoot Day).

Poco più di un’ora di musica fresca, innovativa e imperfettamente originale. Come purtroppo spesso accade, e penso anche all’orchestra di Dino Betti Van Der Noot, formazioni come questa hanno poco o nullo spazio nei festival nostrani. Pigrizia, disinformazione, necessità di fare cassa. Tutti elementi che nulla hanno a che fare con la musica, quella autentica, che ascoltate in questo splendido Wabi Sabi.

by Roberto Dall’Ava on TRACCE DI JAZZ

 

Wabi Sabi – on PERCORSI MUSICALI by Ettore Garzia [september 2019]

Enrico Fazio mancava dal 2013 ad una registrazione per Leo. Enrico si presenta sempre con una band (la Critical Mass) di elementi fedeli ad una filosofia musicale che non cambia e si arricchisce: il ceppo principale della sua idea risiede nel concetto di “guida” che apparteneva a Charlie Mingus, dove il contrabbasso è un dispensatore di direzione; grazie a lui la band può accelerare o decelerare, stimolare azioni di gruppo o assoli. Fazio, però, ha costruito uno sviluppo alternativo a quello di Mingus, che ruota attorno a dei temi che hanno più parentele con l’Hot Rats di Zappa che con quanto fatto dal contrabbassista americano e poi ha provveduto a dotare/migliorare la band di due influenti aggiunte: una parte strings, che ingerisce i contrasti dei fiati e rilancia e un allargamento alla comunicazione popolare tramite strumentazione di derivazione etnica. In Wabi Sabi (questo il titolo del cd) si compiono queste miracolose azioni: jams con assoli straripanti che chiedono il vostro applauso (su tutti quelli di Gianni Virone, Adalberto Ferrari e Luca Campioni), pezzi eclettici che mettono assieme un’orchestra a più disfunzioni (l’Africa centro settentrionale con kora e djembe suonati da Moustapha Dembele, che si confronta in un territorio europeo composto da strumenti a fiato e a corde particolarmente presenti), un theremin, posto al centro di un’evoluzione orchestrale che, grazie ad un suono premonitore, lancia un avvertimento, una denuncia sulle eredità della Terra quantomai incerte. Wabi sabi è un contenitore di felicità ed energia positiva, godurie a cui forse non siamo più abituati ai nostri giorni, dove la musica viaggia in una sorta di cabina di pilotaggio, sapientemente guidata da Fazio; la parte conclusiva di Lectio Magistralis è emblematica di questa vitalità, pronta a regalarci le stesse emozioni “infantili” che ci regalava una dixieland band di New Orleans.

by Ettore Garzia on Percorsi Musicali [september 2019]

Wabi Sabi – on MUSIC ZOOM by Vittorio Lo Conte [september 2019]

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Il contrabbassista Enrico Fazio è arrivato con questo nuovo titolo alla terza incisione per la Leo Records. Nonostante il nome della band Critical Mass faccia pensare a furenti collettivi free già all’inizio del disco il clarinetto swingante di Adalberto Ferrari (altrove anche al clarinetto basso e al clarinetto turco) ci fa intendere che la musica di Fazio si ispira al jazz della tradizione ed a quello più moderno di big band come la Aardvark Jazz Orchestra, anche lei su Leo Records. Non manca la musica etno è fra le fonti di ispirazione: la kora di Moustapha Dembélé apre West to East (A Waltzy Raga) seguito da un assolo di Alberto Mandarini e dal flauto di Gianni Virone (altrove anche ai sax tenore e baritono). È un brano molto ispirato in cui si percorre un immaginario percorso musicale fra Oriente ed Occidente, da rimarcare anche gli ottimi assoli al trombone di Giampiero Malfatto, al violino elettrico di Anaïs Drago, alla Jean-Luc Ponty, Francesco Aroni Virone al sax alto e Luca Campioni al violino. A completare la band ci sono ancora Fiorenzo Sordini alla batteria, Valeria Sturba al theremin e Simone Ghio alla chitarra. Sliding Times è per Alberto Mandarini, la sua tromba ricca di espressività si amalgama molto bene con lo sfondo strumentale dato dal collettivo. L’intero disco vive di questa sottile integrazione fra arrangiamenti e parti soliste, fra scrittura e improvvisazione, con belle invenzioni da parte di tutti. Fazio ha delle idee di tutto rispetto e con i solisti giusti le realizza trovando uno spazio fra la tradizione e modernità che attira l’attenzione dell’ascoltatore.

—Vittorio Lo Conte per MUSIC ZOOM

 

Wabi Sabi – on EL INTRUSO by Sergio Piccirilli [september 2019]


El Wabi Sabi cultiva todo lo que es auténtico reconociendo tres sencillas realidades: nada dura, nada está completo y nada es perfecto (Richard R. Powell)

El wabi-sabi es un concepto del budismo zen que, en su esencia, alude a la capacidad de encontrar belleza en la imperfección.
La tradición Mahāyāna -una de las ramas del budismo- entiende que la comprensión verdadera no puede alcanzarse mediante palabras o lenguajes y, por ello, recomienda que el enfoque más adecuado es aceptar el wabi-sabi en términos no verbales. Aun así, es posible afirmar que su eje conceptual -como señala Leonard Koren en su libro Wabi-Sabi: for Artists, Designers, Poets and Philosophers– “refiere a aquella belleza imperfecta, impermanente e incompleta” y también puede colegirse que su ideario está centrado en los tres principios mencionados por Richard R. Powell en la frase del epígrafe: “nada dura, nada está completo y nada es perfecto.”

En la estética japonesa, el wabi-sabi ocupa la misma posición que tienen en occidente los ideales griegos de belleza y perfección. Esa búsqueda de belleza en la imperfección y en las cosas simples, aparece diseminada en variadas disciplinas artísticas y artesanales; desde los arreglos florales conocidos como ikebana hasta la poesía haiku pasando por las artesanías en cerámica de Hagi, el arte de cultivo bonsái y la música tradicional para shakuhachi de los monjes zen mendicantes llamada honkyoku.
Incluso en la estética tradicional wabi-sabi, los maestros incluyen un error voluntario en sus trabajos porque la perfección no es una cualidad humana sino de carácter divino.

La nueva propuesta discográfica del estupendo ensamble liderado por Enrico Fazio, profundiza la amalgama de material escrito e improvisación y el desarrollo de estructuras complejas y atípicas que caracterizan al compositor y vuelve -como en ocasiones anteriores- a asumir el riesgo de registrar un proyecto sin ensayos preliminares con el ánimo de facilitar una respuesta musical más instintiva y creativa.
Esa búsqueda de “belleza en la imperfección” se extrapola y da origen conceptual al álbum de Enrico Fazio Critical Mass que lleva por título, precisamente, Wabi Sabi.

La prolífica trayectoria desplegada en las últimas décadas por el compositor, contrabajista y educador italiano Enrico Fazio comprende la participación en el Carlo Actis Dato 4tet, contribuciones a favor del Pino Minafra Sud Ensemble, Andrea Centazzo’s Mitteleuropa Orchestra, Dac’corda, AA.VV., Anglo/Italian Quartet, Giancarlo Locatelli Quintet, Actis Furioso y Francesco Aroni Vigone Trio, entre muchos otros.
Fazio es miembro fundador del legendario Art Studio, agrupación -donde también han participado Irene Robbins, Francesco Aroni Vigone, Claudio Lodati y Fiorenzo Sordini– cuya discografía incluye a los álbumes Art Studio de 1977, Diagnosi en 1978, Paralisi de 1981, Presagio en 1984, Pensieri de 1986, Onde en 1987, Off limits de 1998, The Complete CMC en 1992 y Trenta – Live in Torino de 2007.

Además de una destacada labor pedagógica como profesor de composición y arreglos y jefe del departamento de jazz en el Conservatorio A. Vivaldi de la ciudad de Alessandria (Italia) y su rol como miembro fundador del CMC (Centro de Música Creativa), entidad que además presidió entre los años 1992 y 2000, Enrico Fazio trabaja a dúo con el multi-instrumentista Sergey Letov (sociedad materializada en el disco Compagni di strada), lidera el Enrico Fazio Ensemble/U.F.O. (allí secundado por Andrea Chenna, Rino Vernizzi, Sergey Letov, Piero Ponzo, Francesco Aroni Vigone, Alberto Mandarini, Gianpiero Malfatto, Giuliano Palmieri y Fiorenzo Sordini, entre otros) y, por supuesto, encabeza la agrupación Enrico Fazio Critical Mass.

La producción discográfica de Enrico Fazio como líder incluye a los álbumes Mirabila en 1988, Lieto fine de 1989, Euphoria en 1991, Favola de 1992, Gracias! en 1995, Zapping! de 2003, Live in Milano en 2005, Nuovi Territori live y Oloron – des Rives et des Notes en 2009 y Shibui de 2013, el elogiado debut del Enrico Fazio Critical Mass.
Wabi Sabi, la segunda producción de Enrico Fazio Critical Mass, propone un emocionante e imaginativo alegato estético donde convergen composición e improvisación, la mixtura de formas musicales diversas –abarcando un rango que va del jazz de vanguardia al tango y de la música clásica contemporánea al raga- y una inquebrantable vocación para la experimentación creativa.

Albert Einstein, en un artículo publicado el 27 de septiembre de 1905 en Annalen der Physik bajo el título “¿Depende la inercia de un cuerpo de su contenido de energía?”, incluyó una fórmula donde postulaba que la energía (E) es igual a la masa (M) multiplicada por el cuadrado de la velocidad de la luz (C²).  Esa famosa ecuación (con la que el físico alemán demostrara que una diminuta cantidad de materia, al convertirse completamente en energía, puede generar una fuerza enorme) da nombre y, en cierto modo, describe al tema con el que abre el álbum: E=mc2

La pieza pergeñada por Enrico Fazio está dedicada a los músicos que participaron en el proyecto y también aspira a representar -como afirma el propio compositor- “el color, la energía y la alegría de este ensamble”. Eso se traducirá en términos musicales mediante un sugestivo relato de dimensión orquestal en el que abundan frescura, multiplicidad de colores, una natural convergencia de composición e improvisación y niveles interpretativos de gran factura. En el marco de una exposición colectiva de indiscutible vigor expresivo, tendrán aquí un especial destaque las intervenciones solistas de Gianni Virone en saxo tenor, Alberto Mandarini en flugelhorn y Francesco Aroni Vigone en saxo alto.

La encantadora Lilo Variations –composición inspirada en un pasaje de la banda sonora de la película animada de 2002 Lilo & Stitch– yuxtapone su temperamento lúdico con múltiples variaciones e inesperados cambios dinámicos, desde donde irán emergiendo un descollante solo de Luca Campioni en violín, el vivaz aporte ofrecido por Anais Drago en violín eléctrico de cinco cuerdas, la protagónica aparición de Adalberto Ferrari en clarinete bajo y el vital arresto solista que imparte desde el saxo alto de Francesco Aroni Vigone.

West To East (A Waltzy Raga) es la reedición de un tema escrito porFazio en los ochenta con el que describe un viaje imaginario de Mali a India a través de Europa. La pieza da inicio con un solo en kora por parte de Moustapha Dembèlè para, luego, evolucionar mediante la alternancia de formas ternarias y una métrica en 11/8 -subrayadas con precisión por la batería de Fiorenzo Sordini y el contrabajo de Enrico Fazio– que terminan dando forma definitiva a una danza de extravagante carácter y exótica sonoridad. En su transcurso sobrevendrán las atinadas aportaciones solistas de Gianni Virone en flauta y Gianpiero Malfatto en trombón, las vigorosas contribuciones de Luca Campioni en violín y Gianni Virone ensaxo tenor y los coloridos juegos exploratorios que aparecen representados por el violín de Anais Drago y el clarinete turco de Adalberto Ferrari.

La introspectiva fragmentación melódica expresada en Sliding Times, ubica en el centro de la escena a los instrumentos de viento para luego ingresar en un controlado proceso de reelaboración de conjunto sobre la que se deslizará el expresivo solo de Alberto Mandarini en trompeta y una resolución de índole colectiva.

El día del sobregiro de la Tierra (Earth Overshoot Day) es el día del año en el cual el consumo de recursos naturales excede la capacidad terrestre de regenerar tales recursos durante ese mismo período. El Earth Overshoot Day es calculado por la Global Footprint Network con apoyo de organizaciones sin fines de lucro de distintas partes del mundo. Esta medición -que se realiza desde hace cuatro décadas- demuestra la curva descendente experimentada en los recursos naturales del planeta. A modo de ejemplo, bastará con decir que el día de sobregiro de la tierra en 1970 fue un 29 diciembre mientras que en el del corriente año sucedió el pasado 29 de julio.
Éste es, justamente, el nudo argumental elegido por Enrico Fazio para su singular composición titulada Overshoot Day.

Los aires de tango iniciales que envuelvan a la pieza, propiciarán las expresivas declaraciones de Gianni Virone en saxo barítono y Luca Campioni en violín hasta confluir en un interludio de alcance experimental protagonizado por el theremín de Valeria Sturba y el saxo alto de Francesco Aroni Vigone. El tramo conclusivo de la composición transita un moderado crescendo colectivo que, finalmente, se coronará con la efusiva intervención del violín de Anais Drago.

El álbum cierra con la exquisita complejidad polirrítmica manifestada en Lectio Magistralis. En el tránsito de la composición se sucederán el delicado preludio que provee el clarinete de Adalberto Ferrari, una parte central sedimentada en la fortaleza sonora que edifica el ensamble a pleno, las notables apariciones solistas de Gianpiero Malfatto en trombón, Enrico Fazio en contrabajo y Alberto Mandarini en trompeta y una sugestiva fase de resolución deliberadamente inconclusa.

Enrico Fazio Critical Mass, en el formidable Wabi Sabi, ofrenda una obra perspicaz, original, sin temor al error y con la capacidad de encontrar belleza en la imperfección.

Monk creía en la naturaleza beneficiosa de los errores porque abren perspectivas intrigantes. Si no estás listo para cometer errores, no irás a ninguna parte (Steve Lacy)

—- by Sergio Piccirilli on EL INTRUSO

 

Wabi Sabi – on THE ART MUSIC LOUNGE by Lynn René Bayley [september 2019]

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With a name like Critical Mass, one might be led to expect that Enrico Fazio’s band would be one of those “outside” avant-garde units that plays everything in amorphous tempi with wild, screaming solos, but such is not the case. On the contrary, the opening selection, E=MC2, is a nice, medium-tempo swinger led by the clarinet and violin, and although the tempo shifts played by the percussion do indeed move the beat around, the change is not detrimental and does not last long. Before long, we hear a fine alto sax solo with bass underpinning that has both musicians moving together in synch as the music is improvised upon, later with the leader’s bass dropping out to allow Virone free rein. Once the drum comes in, we hear the other instruments playing interesting chorded figures behind Francesco Virone, eventually taking over as Adalberto Ferrari’s clarinet plays an interesting, and probably written-out, break, followed by an improvised solo played by Alberto Mandarini on trumpet. When Virone returns, it is to play a cappella as he slows down or stops the tempo at will, then we get solo violin, at times with Virone playing softly in the background, following which the trombone and clarinet play counterpoint in a three-way conversation. This is really interesting music.

The Lilo Variations open with solo trombone, following which Fazio has written an interesting ensemble including violin, clarinet, tenor and baritone saxophones, following which the tempo increases as Luigi Campioni plays a good violin solo over bass and drums. Everything in Fazio’s music dovetails and fits in, and there is yet another “concerto grosso” section where the soloists play off each other before Adalberto Ferrari enters for a bass clarinet solo. When the ensemble returns, this time with a euphonium in the mix, they are playing a series of descending chords that complement the tune’s structure. Then a sudden switch to a funky beat, with Gianni Virone playing a gutsy tenor solo over African percussion.

West to East opens with a kora solo by Moustapha Dembélé, following which Malfatto plays a lovely theme on the trombone which is then developed in the ensemble—but not for long. The tempo suddenly changes, and get faster, as a flute solo comes in above marimba chords, with fills by muted trumpet and violin playing in unison. The clarinet then plays in counterpoint above a chorded ensemble before another concerto grosso section is heard from the ensemble, followed by a trombone solo which, in itself, creates its own counterpoint, the second half over the staccato bass. Anaïs Drago then plays an excellent solo on the 5-string electric violin, followed by the alto sax, picking up on what Drago had just played for his own solo. Trombone and clarinet play fills behind him, after which another interlocking section is heard before everyone falls away to allow the kora, violin and percussion their say. The violin eventually predominates, giving way to the Turkish bass clarinet but still playing its own figures in the background before the full ensemble returns in counterpoint to one another.

Sliding Times begins slowly, with the trombone way down low and the clarinet as well, playing snaky opposing lines, later joined by baritone sax. The tempo picks up a little, things become animated, and then the trumpet comes in for a solo with African percussion underneath. The clarinet plays a serrated figure—then a full stop. Overshoot Day is a sort of Calypso blues, if you can imagine such a thing, played with clarinet lead; eventually the trombone, playing ostinato figures underneath, continues as the tenor sax comes in for a solo, with marimba underpinning. Then the tempo gets funkier, introducing a nice violin solo. This eventually fades away as Fazio, playing some weird electronics along with Valeria Sturba’s Theremin, takes over for a while. The alto sax comes in above this oddness as the beat slowly begins to coalesce once again. Then the original funky Calypso beat returns, again with the violin playing above the percussion. This really is freaky stuff, but very well organized and executed! Eventually, the whole piece begins to swing and we move into the home stretch with the violin screaming overhead.

In the finale, Lectio Magistralis, the solo clarinet again opens the proceedings before the band moves into what I’d describe as a jazz bellydance. The alto plays modal-atonal figures against the rhythmic bite of the clarinet and violin, there’s a brief trumpet break, but most of this part of the piece is ensemble before the trombone enters for a solo with the rhythm shifting somewhat and becoming more aggressive in a jazz sense behind it. The ending fades out.

Throughout this CD, one is aware of these pieces as much if not more for their compositional structure than for the jazz content, though the latter is certainly an important component. Fazio clearly has his own view of how things are put together. This album is brilliant as a series of concept pieces almost from start to finish, with few if any weak links. Would that all the jazz CDs I review were as good as this one.

—© 2019 Lynn René Bayley on THE ART MUSIC LOUNGE

Wabi Sabi – on IL MANIFESTO by Gianni Michelone



— by Gianni Michelone on IL MANIFESTO (20/07/2019)