Shibui – All About Jazz – Agosto 2013 – Alberto Bazzurro

Torna dopo qualche anno di silenzio Enrico Fazio, già bassista dell’Art Studio e da venticinque anni validissimo leader in proprio. Torna, e fa un’altra volta centro, proprio come nel 1988 quando, con Mirabilia, evidenziò doti (compositivo-aggregative, soprattutto) che la lunga militanza nello storico gruppo torinese (nel quale era del resto entrato appena diciottenne) aveva in qualche modo celato (o forse accompagnato e forgiato).

Come allora – anche se per forza di cose senza lo stesso fulminante senso della scoperta – la musica di Fazio colpisce anzitutto per la sua solidità: concettuale, di scrittura ed esecutiva, di interazione fra parti corali e sortite solistiche. A tratti viene in mente Mingus, ma anche certe orchestre europee (perché il tiro dell’ottetto è indiscutibilmente orchestrale), soprattutto inglesi, con un occhio qua e là più mitteleuropeo.

Sul versante timbrico e per il ruolo giocato nelle improvvisazioni, preziosissima è la presenza del violino, che si distingue in svariati brani (“Tempus fugit,” “Pianoless,” “Shibui,” “Serendipity”) ed è, globalmente, voce-chiave della tavolozza messa a punto da Fazio. Ci sono poi fedelissimi della prima ora, sempre brillanti (da Alberto Mandarini, che proprio nei gruppi del bassista torinese iniziò a farsi conoscere, a Francesco Aroni Vigone, anche lui presente fin dai tempi di Mirabilia, allo stesso Fiorenzo Sordini, che era poi il batterista dell’Art Studio), o acquisizioni più recenti (su tutti Gianpiero Malfatto).

Grande rotondità e contemporanea, puntuale valorizzazione delle singole voci s’impongono fin dall’iniziale “Tempus fugit,” con gli assoli che mostrano per tutto il lavoro un’assoluta adesione stilistico-emotiva alla struttura (all’estetica) globale, dalla quale vengono spesso – per così dire – “fasciati”. C’è un preciso retrogusto gasliniano in “Serial Player” (che già il titolo…), tra le costruzioni più ingegnose del lotto, mentre è forse il successivo “Serendipity,” tornando a quanto detto poc’anzi, l’episodio in cui più palpabili appaiono le reminiscenze mingusiane.

Entrare oltre nei meandri dei singoli brani sarebbe in fondo sterile. Resta l’immagine di un album di grande spessore, uno di quei lavori che possono mettere d’accordo l’avanguardista e chi non sa rinunciare ai più saldi valori del jazz in quanto tale. Il che, come s’intuirà facilmente, non è cosa da poco.
Valutazione: 4 stelle

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Shibui – Percorsi Musicali – July 2013 – by Ettore Garzia

Gil Evans and Charles Mingus died in the Mexican town of Cuernavaca. That circumstance is useful for to take account to two excellent figures of jazz that seem to draw “Shibui”, the last recording of the double bassist Enrico Fazio along with his band Critical Mass. Fazio is a musician that has always been in search of an instrumental global jazz, in which give priority to harmony and melody and enhance the ability of individual musicians at the same time. Also in this recording Fazio provides a value musical product, which has a strong point in the freshness of the musical solutions and in the emotional transport of the musicians of the band.*

A careful listening will reveal certain similarities but also new variations: in “Shibui” are evident orchestral strategies that were owned by Gil Evans and a strong sense of Mingus’s blues, but in hindsight, Fazio decides to take action with his visual (that of an efficient reconstructionist) transforming old sound sources into new identity of sound. In “Shibui” we can hear remnants of some anglosaxon jazz-blues idiom  (in “Effetti Collaterali” Enrico explicitly confirms, in the internal notes, that he has extrapolated his own rhythm from a song of the band Colosseum), or jazz rock accents that remember some evolutions of the sound of Canterbury (the long intro of “Shibui” takes us into one of those melodic “side-slipping” in style Hatfield and the North); Campioni’s violin remember us the similar use that Jean Luc Ponty did, but without electrification, while occasionally we front of unexpected ethnic scents (the turkish clarinet of “Pianoless” or the final percussive oriented-style “Tuttecose“).
So we must speak of osmotic effects, because in the end the result is an integrated cocktail of jazz, which belongs only to Fazio and his musicians: “Tempus fugit” builds a particular version of “Sister Sadie” arranged by Evans, as well as “Effetti Collaterali” seems a particular version of the deep and melodic song “Harvey’s Tune” (from Bloomfield-Kooper-Stills’s Superssions) which is focused on the rhythm and collective strength.